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Visualizzazione dei post da marzo, 2017

Le rose della notte - III, 5

Parte III: Il canto della mosca 5. Marcello teneva il capo chino, incrociando le braccia sul petto. Con quei jeans, la giacca a vento e i ricci castano scuro non nascosti dalla parrucca, era impossibile ricollegarlo alla scintillante Greta Sgarbo. Diana osservò divertita quell’originale – o quell’ alter ego ? – ombreggiato dal porticato.             Erano nel cosiddetto Cortile delle Magnolie, uno dei chiostri dell’università pavese. Gli alberi eponimi li guardavano a distanza, lucidi e scuri come il silenzio. Accanto a loro, Ugo Foscolo dormiva nell’effigie di marmo, sul sarcofago che gli aveva scolpito Zulimo Rossellini, per la tomba in Santa Croce a Firenze – prima che fosse inspiegabilmente rifiutato.              «Sei molto preoccupata per la tua relazione con Margherita, allora?» riprese delicatamente il ragazzo, alla fine. L’amica deglutì e distolse lo sguardo. «Mmh… Non è che ci siano veri e propri segnali di attrito… Ma disattenzione, sì. Forse, è quest

Giustizia e perdono

L’Associazione Culturale Chirone di Manerbio ha dedicato tre incontri a termini tanto abusati quanto centrali per la civiltà: “Giustizia e perdono”. Il 19 febbraio 2017, nell’Aula Magna del “B. Pascal”, ha avuto luogo “Un perdono storico. La strada della riconciliazione”. Il pubblico ha incontrato Agnese Moro (figlia di Aldo Moro), Maria Grazia Grena (ex-brigatista), Manlio Milani (sopravvissuto alla strage di Piazza Loggia) e Anna Cattaneo (Ufficio Giustizia Riparativa di Bergamo). Hanno raccontato la propria esperienza del “gruppo di riconciliazione”: il bisogno di liberarsi dal dolore (A. Moro), la rinuncia alla convinzione di aver intrapreso la lotta armata in nome di una verità assoluta e al rancore lasciato dalla violenza di Stato (M.G. Grena); il desiderio di capire come una cultura politica abbia potuto generare la lotta armata (M. Milani). Il ruolo della Cattaneo e degli altri “soggetti terzi” era quello di rompere l’ “effetto specchio”: l’arroccarsi nei propri ruoli e su

Un Carnevale da ricordare, tra passato e futuro

Quello del 2017, per Manerbio, sarà un Carnevale da ricordare. Il 18 febbraio, il palazzo comunale è tornato al 1717, con una “Serata in pompa magna”. In piazza C. Battisti, quella sera, sono giunti in calesse i conti Luzzago (alias compagnia “Le Muse dell’Onirico”): Trivulzio Vero Omo de ‘na Volta, detto il Ciurda, e la consorte, Clitolde Filippona d’Aragosta in Luzzago. Con loro, c’erano i figli: Atlante Can de Caio e Gazza Ferrea Menta; poi, la nuora Sgomenta Tirella, vedova de la Motella in Luzzago, la sorella della contessa (Annetta Brocola Lusarda D’Aragosta) e una dama di compagnia: Turtella Ciara Ripiena da Crevalcore. I conti hanno assistito al Palio delle Bestiazze: gara di corsa fra squadre travestite da animali. Tra i figuranti, c’erano anche i giovanotti venuti dalla Guinea per richiedere asilo politico, che hanno ringraziato i manerbiesi con una poesia. Di poeta era presente anche il RimAttore, Pier Paolo Pederzini da Crevalcore (BO): un improvvisatore di rime.  N

Roghi e punizioni

È stato un argomento decisamente fiammeggiante quello che la Libera Università di Manerbio (LUM) ha trattato il 9 febbraio 2017, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”: “Roghi e punizioni”. Il relatore era il prof. Daniele Montanari, docente presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia.              La “caccia alle streghe” si è svolta fra la metà del ‘400 e la metà del ‘700. “Strega” e “stregoneria” sono erroneamente associati alla magia, ovvero all’uso di poteri d’origine sconosciuta per operare mali (“magia nera”) o beni (“magia bianca”). Forme di magia, sia “alta” (erudita) che “bassa” (di origine popolare e pratica) sono state praticate normalmente in Europa per secoli. Di “stregoneria” si parla laddove si ritiene che l’officiante abbia stretto un “patto col diavolo”. I presunti streghe e stregoni erano accusati di riunirsi in “Sabba”, orge col demonio comprensive di cannibalismo e infanticidio. Ma (ovviamente) non esistevano t

Maria Callas, la gemma infranta

Il 23 febbraio 2017, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, è tornato il prof. Fabio Larovere dell’associazione culturale “Cieli Vibranti”. Il suo uditorio, ancora una volta, era quello della Libera Università di Manerbio e l’argomento era sempre operistico: “Maria Callas”, in omaggio al 40° anniversario della sua morte.              Maria Callas (1923-1977) è l’abbreviazione di Anna Maria Sofia Cecilia Kalogeropoulou. Nacque a New York da genitori greci. La madre avrebbe desiderato un figlio maschio; Maria porterà per tutta l’infanzia il peso d’essere stata indesiderata. Perlomeno, fu della madre l’idea di avviare Maria al canto. La sua voce era straordinariamente espressiva e difficile da governare. Qualcuno la paragonò a un quadro cubista - ha affermato Larovere. L’aver cantato per gli occupanti nazisti ad Atene (per bisogni economici) causò l’isolamento della Callas nel dopoguerra e il suo tentativo di cercare fortuna altrove. A Verona, conobbe il direttore d’orchestra Tullio Sera

Caro, "vecchio" San Faustino

Altri festeggino pure San Valentino. A Manerbio, la vera festa è il giorno dopo il 14 febbraio, ovvero la memoria dei santi Faustino e Giovita, patroni dei bresciani. La chiesa intitolata a loro, secondo mons. Paolo Guerrini, era originariamente l’antico ospedale della pieve manerbiese, ricompreso all’inizio del IX sec. nella dotazione fondiaria del monastero fondato a Brescia dal vescovo Ramperto presso la basilica di S. Faustino (“Manerbio, la pieve e il Comune”, Brescia 1936, p. 123). Non a caso, la chiesetta è posta in luogo periferico, lungo quello che fu il percorso di coloni vescovili e viandanti: qui, potevano trovare ospitalità. La sua presenza è anche un segno di identità del quartiere Breda, i cui residenti, alla fine del ‘500, preferivano avere un loro luogo di culto, invece che recarsi più lontano, alla chiesa parrocchiale.              Dei santi Faustino e Giovita non si sa molto, al di fuori dell’alone di leggenda che li circonda. Fratello e sorella, sarebbero vissu

Aladino e il Genio della Lampada

La stagione degli spettacoli per bambini, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, sta volgendo al termine. Il penultimo titolo è stato inscenato il 12 febbraio 2017. Come sempre, sul palco sono saliti gli attori della compagnia “IL NODO Teatro”: Sabrina Danesci, Danilo Furnari, Fiorenzo Savoldi e Fabio Tosato. La regia era di Raffaello Malesci. La storia, stavolta, era “Aladino e il Genio della Lampada”, un’intramontabile novella tratta dalle “Mille e una notte”.              Aladino è figlio di un povero sarto, vedovo e avanti negli anni. Questi vorrebbe trasmettere al ragazzo il mestiere di famiglia, ma il monello non ne ha alcuna voglia. Preferisce giocare per strada con i coetanei e sognare di diventare principe… ma anche quello gli sembra troppo faticoso. Per caso, un ricco mercante si presenta come fratello della sua defunta madre. Non ha prove concrete della parentela… ma ha “argomenti di peso”. Peso d’oro, per l’esattezza. Abbagliato dai doni del “cognato”, il sarto gli affi

Le rose della notte - III, 4

Parte III: Il canto della mosca 4. Il cellulare di Margherita squillò. Lei abbandonò le dispense sulla scrivania e rispose.             «Ciao… Sono Chiara!»  «L’ho visto sul display» le sorrise l’altra, di rimando. «Dimmi». «Ti chiamo da parte del S.O.P.A.» riprese Chiara, alias Lobelia DeMona. La sua voce sottintendeva uno sfizioso mistero. «Tu scrivi ancora per il mensile universitario, vero?» «Certo!» «Bene… Allora, la mattina dell’11 novembre, passa in Piazza della Vittoria, con macchina fotografica e taccuino… perché ci sarà qualcosa d’interessante. »             Automaticamente, Margherita cercò con gli occhi l’armamentario da giornalista, abbandonato su una sedia, nella cameretta di collegio. «Ricevuto!» ammiccò al cellulare. Salutò Chiara e si rimise alla scrivania. Una fossetta di piacevole aspettativa le pizzicava la guancia. [Continua] Pubblicato sul quotidiano on line  Uqbar Love   (14 marzo 2017).

Elogio della Follia

“Spesso sento delle voci. Mi rendo conto che, ammettendolo, finisco nel novero dei pazzi, ma non me ne importa più di tanto. Se si crede, come ci credo io, che la mente voglia guarire se stessa, e che la psiche cerchi la coerenza e non la disintegrazione, non è difficile concludere che la mente produrrà quello che serve per raggiungere il suo scopo.              Si presume che chi sente le voci compia azioni efferate; le sentono gli assassini e gli psicopatici, e anche i fanatici religiosi e i kamikaze. Ma in passato le voci erano un dono e un privilegio. I visionari e i profeti, lo sciamano e la guaritrice. E, naturalmente, i poeti. Sentire le voci può essere una cosa buona. Impazzire è l’inizio di un processo. Non dovrebbe esserne il risultato finale.             Lo psichiatra Ronnie Laing, il guru che negli anni Sessanta e Settanta fece diventare di moda la follia, la considerava un processo che può portare da qualche parte. Quasi sempre, però, la follia è talmente terribi

Ansia a 45 giri

Io sono una persona ansiosa, circondata da persone ansiose. Ergo, affrontare la questione “ansia” nei rapporti umani è per me come ascoltare il caro, vecchio “45 giri…”  LATO A L’insorgere dell’ansia dipende, in larghissima parte, dal proprio carattere. Darne interamente agli altri la colpa, quindi, è scorretto. Bastano cose innocentissime, come accennare a un progetto concreto per il futuro, a scatenare una crisi in siffatte persone. O una corriera da prendere il giorno dopo. O un paio di mutande da cambiare. O una notte fuori casa. Praticamente, per “non far venire l’ansia” a certuni, bisognerebbe evitare di parlar loro della vita. O non vivere affatto. LATO B Però, è vero anche che i nostri periodi di fragilità, esaurimento e - appunto - ansia trovano raramente vera comprensione e vero rispetto. Anzi: coloro che ci circondano - in buona fede! - fanno spesso di tutto per peggiorar le nostre condizioni. Quando stiamo male, i nostri dintorni pullulano di maestrini d

Vincenzo Calò intervista Erica Gazzoldi

"Erica Gazzoldi è nata a Manerbio (Brescia) l’8 settembre 1989; ha conseguito la maturità scientifica all'istituto Blaise Pascal del suddetto paese.  È stata allieva dell’Università degli studi di Pavia, del collegio S. Caterina da Siena e della Scuola Superiore IUSS.  Il 7 dicembre 2011 ha conseguito la laurea triennale in Antichità classiche e orientali, con una tesi dal titolo   Hellenism and the Seleucids in the Book of Daniel.  Il 18 febbraio 2014 ha conseguito la laurea magistrale in Filologia, letterature e storia dell’antichità, con una tesi dal titolo   The Additions to the Book of Esther: Historical Background.  Si è diplomata in Scienze Umane presso la Scuola Superiore IUSS (Pavia) il 6 maggio 2014, con una tesi dal titolo   Gorgia da Leontini e l’Encomio di Elena: la questione della responsabilità morale.  Ha collaborato per anni col mensile studentesco Inchiostro  e ha curato la rubrica “LeggiLOL” sul sito di Universigay .  Attualmente, gestisce il sito del  C

Le rose della notte - III, 3

Parte III: Il canto della mosca 3. Il ragazzo si lasciò alle spalle la notte autunnale ed entrò nel Black Bull Pub. Fissò la saletta, con gli alti sedili in legno e i tavolini già gremiti di compagnie, con birre d’ogni colore. Il televisore ronzava, trasmettendo un programma che lui neppure guardò. Il tizio muscoloso e tatuato dietro il bancone gli gettò un’occhiata e gli indicò la scala per cui doveva scendere.             Con un cenno del capo, il ragazzo ringraziò e si avviò. Il suo abbigliamento era a dir poco insolito, per quel locale. Sulle spalle aveva un manto con cappuccio, rosso e bordato di giallo. Sulla spalla, era ripiegato un appuntito berretto in feltro – la cosiddetta feluca – tinta di nero e senza alcun pendente, fra gli ammennicoli. Al collo, la figura portava una placca in pasta al sale, raffigurante una spada stilizzata e la sigla “E.O.L.”              Sul colore acceso del mantello, spiccavano i suoi capelli dorati, raccolti in una coda di cav