Passa ai contenuti principali

Mille cherubini in coro

Il 2016, per la Libera Università di Manerbio (LUM), si è concluso con “Mille cherubini in coro, armonie natalizie in musica (15 dicembre 2016). Quel giorno, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, era presente il sindaco Samuele Alghisi, per festeggiare il quindicesimo compleanno della LUM.
            Come annunciava il titolo, si è trattato di un concerto canoro. Sul palco, si sono presentate Maria Letizia Grosselli (soprano), Dolores Bonifazi (mezzosoprano) e Loredana Maresca (pianoforte). La loro esibizione è stata preceduta da una breve relazione. Già in un contesto precristiano, questo periodo dell’anno era contrassegnato da danze propiziatorie per il ritorno della primavera e della luce. Nel 129 d.C., entrò a far parte della Messa del 25 dicembre l’ “Inno dell’angelo”: quello fu l’inizio di una tradizione di canti natalizi in latino. S. Francesco d’Assisi, considerato l’inventore del presepe vivente, avrebbe anche dato impulso a una tradizione di testi in volgare: tradizione, però, puramente orale. Questo finché gli inglesi Davies Gilbert (1822-23) e William Sandys (1833) non raccolsero le “Christmas Carols”: testi e melodie antichi, che ridiedero impulso all’usanza medievale dei cori per le strade cittadine. In un certo senso, questo fu un ritorno alle antiche cerimonie invernali. 

            Il concerto manerbiese è stato aperto dalla celeberrima “Tu scendi dalle stelle”, composta nel 1754 da S. Alfonso Maria de’ Liguori mentre si trovava ospite a Nola. La intonò dal pulpito la sera di Natale e il successo fu immediato. Sono seguiti altri grandi classici, come “The First Nowell” (XVI-XVII sec.), compresa nelle “Christmas Carols”, e “Joy to the World” (1719), basata sulla melodia del “Messiah” di G.F. Händel. Il titolo dell’evento, però, proveniva da “Mille cherubini in coro” (1816), arrangiata a partire da una composizione di F. Schubert: una ninnananna per il Bambinello. “Adeste fideles”, invece, non ha un’attribuzione precisa. L’unica certezza è che fu trascritta da Sir John Francis Wade da un tema popolare irlandese, nel 1743-44. L’operazione era a beneficio dei profughi cattolici rifugiatisi a Douai, a causa delle persecuzioni protestanti operate nelle Isole britanniche.
            La più internazionale di tutte era sicuramente “Stille Nacht” (1816-18), canto austriaco poi diffuso in numerose lingue. La versione italiana è “Astro del ciel”: non una traduzione, ma una libera versione del bergamasco don Angelo Meli (1901-1970), pubblicata nel 1937. “O Tannenbaum” (XVI-XVII sec., pubbl. in 1799; testo del 1819) esalta invece la condizione sempreverde dell’albero di Natale. Sono seguite alcune ninnenanne, parte del repertorio natalizio, come hanno dimostrato anche “Mille cherubini in coro” e “Stille Nacht”: esse avvicinano il Bambinello a ogni bambino del mondo, col loro comune bisogno di essere cullati. Il “Cantique de Noël” (1847) potrebbe invece essere stato il primo brano musicale a venir trasmesso via radio. Nel programma, era stato inserito anche “Amazing Grace” (1779), emblematico inno di salvezza religiosa. La conclusione è stata affidata a popolarissimi brani incisi da Bing Crosby (1903-1977): “Let It Snow! Let It Snow! Let It Snow!”, “Jingle Bells” e “White Christmas”. Le armonie natalizie si sono così chiuse nel segno della neve, simbolo del fascino che le feste invernali hanno al di là di ogni confessione religiosa: il sonno della vita in attesa di una nuova luce.


Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 116 (gennaio 2017), p. 15.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italiana: i