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Visualizzazione dei post da gennaio, 2017

Dagli Appennini all'Atlante

Il presepe artistico di Angelo Bertelli, a Manerbio, è un’attesa rituale quasi quanto quella del Natale stesso. Come sempre, è stato allestito presso il circolo ACLI locale, di cui Bertelli è il presidente. La creazione è stata esposta durante la Shopping Night del 16 dicembre 2016. Data la situazione sociale e geopolitica, l’artista ha pensato bene di ambientare la Natività a metà fra un paesaggio nostrano e uno nordafricano.              Per rappresentare l’Italia, Bertelli aveva scelto il tipico scenario pastorale dei presepi. Le case mostravano tetti spioventi in coppi e pareti edificate in grandi blocchi, probabilmente di pietra. Le finestre erano chiuse da impannate. Fra due costruzioni, correva una terrazza che comunicava con una locanda. Dai balconi, si affacciavano ragazze indaffarate - e un giovane appoggiava al muro una scala. Le pecore si radunavano all’ombra o pascolavano su rilievi verdeggianti di muschio. Una fonte d’acqua calda sgorgava, come sempre, sotto lo sgua

Natale nella Londra di Charles Dickens

La Shopping Night manerbiese è, annualmente, l’appuntamento per l’acquisto di regali natalizi. Il 2016 ha dovuto fare a meno di un Babbo Natale storico, Martino Bertoglio. Anche per questo, la tematica della festa era particolarmente indicata, per via del suo legame con spiriti e affetti: “Canto di Natale”. Il riferimento, naturalmente, era all’omonimo romanzo di Charles Dickens (Landport, Portsea, 1812 - Gadshill Rochester 1870), pubblicato nel 1843. Il 16 dicembre 2016, Manerbio è stata trasportata nell’atmosfera dell’Inghilterra ottocentesca. Il Comune si è avvalso di figuranti in abiti d’epoca, diversi dei quali autentici. Di questo, si è incaricata soprattutto la neonata compagnia teatrale “Le Muse dell’Onirico”. In via XX Settembre, due gitane dai volti anneriti hanno così letto il futuro negli shanghai; dietro di loro, in una cucina con paiolo, una massaia con cuffietta lavorava a un deschetto, mentre i suoi bambini (in forma di bambole) dormivano. Nei dintorni, passeggiavano

Un Natale di voci bianche

Natale è il periodo ideale dei cori, che si tratti delle “carols” inglesi, degli angeli nei presepi o della liturgia. È stata perciò azzeccata la scelta dell’Associazione Amici della Scuola Diocesana di Musica Santa Cecilia di Brescia: quello di comprendere negli “Incontri con la musica” (XXIX Rassegna - 2016) anche un concerto del Coro di Voci Bianche Santa Cecilia. Esso si è tenuto a Manerbio, nella pieve S. Lorenzo, il 22 dicembre 2016. L’organizzazione ha visto la collaborazione del Centro Oratori Bresciani.             Il coro è stato costituito nel 2003; lo dirige Mario Mora, fondatore anche della Scuola di musica, del Coro giovanile e dell’Ensemble “I Piccoli Musici” di Casazza (BG). Mora ha studiato pianoforte, organo e musica corale. Ha tenuto corsi, convegni ed atelier nazionali e internazionali sulla vocalità infantile, nonché l’atelier “Forever Classical” per “Europa Cantat 2012”. Il Coro di Voci Bianche Santa Cecilia si è esibito in saggi scolastici, celebrazioni dell

Mille cherubini in coro

Il 2016, per la Libera Università di Manerbio (LUM), si è concluso con “Mille cherubini in coro, armonie natalizie in musica (15 dicembre 2016). Quel giorno, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, era presente il sindaco Samuele Alghisi, per festeggiare il quindicesimo compleanno della LUM.             Come annunciava il titolo, si è trattato di un concerto canoro. Sul palco, si sono presentate Maria Letizia Grosselli (soprano), Dolores Bonifazi (mezzosoprano) e Loredana Maresca (pianoforte). La loro esibizione è stata preceduta da una breve relazione. Già in un contesto precristiano, questo periodo dell’anno era contrassegnato da danze propiziatorie per il ritorno della primavera e della luce. Nel 129 d.C., entrò a far parte della Messa del 25 dicembre l’ “Inno dell’angelo”: quello fu l’inizio di una tradizione di canti natalizi in latino. S. Francesco d’Assisi, considerato l’inventore del presepe vivente, avrebbe anche dato impulso a una tradizione di testi in volgare: tradizione, però

Tre Magi e una capanna

Il 6 gennaio 2017, com’è di rito, ha portato a Manerbio l’arrivo dei Magi. Il teatro è quello consueto di Piazza Italia. Lì, era già allestito il noto presepe di Lino Filippini, collaboratore della parrocchia di S. Lorenzo Martire: una Natività a grandezza naturale, circondata da teche di vetro con statuine mosse da un meccanismo. In linea con la pastorale di Papa Francesco, il presepe era stato dedicato al tema della misericordia.              Il giorno dell’Epifania, la piazza si è ritrovata decorata dalle bandiere rappresentanti le nazionalità esistenti su suolo manerbiese (circa una quarantina), più altre recanti i loghi delle Giornate Mondiali della Gioventù, i colori della “Pace” e quelli di Città del Vaticano. Ciò serviva a sottolineare il carattere particolarmente universalista della festività: la manifestazione di Cristo ai popoli di tutto il mondo.              Nel pomeriggio, la Sacra Famiglia di statue è stata sostituita da una in carne ed ossa: una giovane coppi

“Il Misantropo” di Molière al Politeama

La XXI stagione teatrale del Politeama di Manerbio ha incluso “Il Misantropo” di Molière, commedia di carattere andata in scena per la prima volta a Parigi al Théatre du Palais-Royal, il 4 giugno 1666. La rappresentazione era a cura di Elsinor Centro di Produzione Teatrale; la traduzione del testo dal francese era firmata da Cesare Garboli, mentre regia e adattamento erano di Monica Conti. Quest’ultima era aiutata da Carlotta Viscovo e Jacopo Angelini. Roberta Vacchetta si era occupata dei costumi, Cesare Agoni delle luci, Giancarlo Facchinetti delle musiche e Andrea Anselmini della scenografia. Lo spettacolo è andato in scena il 1 dicembre 2016.              Molière è lo pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin (Parigi 1622 - ivi 1673). Compose diverse satire di costume e commedie di carattere. Divenne il commediografo favorito di Luigi XIV. “Il Misantropo” appartiene al suo periodo maturo. Molière si trovava in un ambiente di corte ipocrita e maldicente; si era separato dalla mogli

Il Canto di Natale

Il 27 novembre 2016, il Teatro dei Bambini è arrivato alla sua terza puntata. Presso il Teatro Civico “M. Bortolozzi” di Manerbio, la compagnia “IL NODO Teatro” ha messo in scena un classico in ogni senso: “Il Canto di Natale”. Com’è noto, la vicenda è tratta da un romanzo di Charles Dickens  (Landport, Portsea, 1812 - Gadshill Rochester 1870), pubblicato nel 1843. Proporlo a un pubblico di bambini è stato facile, dato il carattere semplice e fantastico della vicenda. Cifra stilistica, peraltro, tipica di Dickens, che travestì i propri infelici ricordi d’infanzia e i problemi sociali di Londra con un manto quasi fiabesco.  Sul palco del Bortolozzi, sono saliti Francesca Carini, Danilo Furnari, Ferdinanda Onofrio e Fiorenzo Savoldi, diretti da Raffaello Malesci.             La trama era quella consueta. Ebenezer Scrooge, ricco uomo d’affari londinese, è detestato e abbandonato da tutti per un’ovvia ragione: disprezza qualunque cosa non gli frutti denaro. Non ha affetti, impreca

Le rose della notte - II, 6

Parte II: Il cielo in fiamme 6. Margherita scelse uno degli esili tavolini, nella sala concerti dello Spaziomusica.  I convenuti – creature simili a Diana, con finto cuoio, jeans, catene e borchie quali seconda pelle – si travasavano dal bancone del bar alle sedie, con bicchieri e boccali. I ragazzi avevano chiome vigorose e lunghe barbe, studiatamente incolte. Alcuni erano in piedi, in prima linea davanti alla scena. Solo che i “ Pains of Odin ” non erano ancora entrati.              Margherita non sapeva perché non fosse anche lei là, vicino al focolaio della serata. Dopotutto, lei era la ragazza della cantante. Ne avrebbe avuto diritto anche più degli altri. Eppure, si trovava bene sullo sfondo, nel buio, mimetizzata fra le luci dei faretti. Perché?             Qualcuno le sfiorò il fianco, passando fra lei e la fila degli appendiabiti. Si voltò e sussultò. Quella che le passava accanto era una sorta di processione. Otto figure in cotte di maglia imitate da t

Le rose della notte - II, 5

Parte II: Il cielo in fiamme 5. Edoardo scese dall’auto e sbatté la portiera. Lo seguirono  Gennaro, Francesco e Agostino, che era alla guida. Trovarono Giorgio, Michele e Luca, che avevano già parcheggiato nel cortile dello Spaziomusica.             Il concerto sarebbe cominciato alle 21:30. I “Pains of Odin”, naturalmente, si erano organizzati per arrivare con un certo anticipo, fare le ultime prove e cenare in santa pace.             «Ma… Diana dov’è?» fece Luca, aggrottando le spesse sopracciglia castane. «Ha detto che arriverà più tardi» precisò Agostino. «Deve andare a prendere la sua tipa in collegio».             Edoardo non disse nulla. Ma una durezza vitrea si coagulò sul suo volto biondo. Un occhio esperto non avrebbe dubitato della sua gelosia. Si chinò nel baule aperto e recuperò la custodia della chitarra.  Un familiare rombo di motocicletta fece voltare i ragazzi. Riconobbero la Kawasaki di Diana, la figura di lei a cavalcioni del sellino. Die

Śiva e Dioniso

Parlare di Śivaismo significa parlare di possibilità affossate - ma rimaste latenti - nella spiritualità occidentale. Significa scoprire le radici di quel disagio della civiltà a cui Sigmund Freud ha dedicato una delle proprie opere più famose - e apprendere la buona novella della sua superabilità. Di questo si è occupato Alain Daniélou , nel suo saggio: Śiva e Dioniso. La religione della natura e dell’eros (Roma 1980, Astrolabio-Ubaldini Editore).             Alain Daniélou (1907-1994) studiò musica e si dedicò alla pittura; alla fine degli anni ’20, conobbe molti protagonisti delle avanguardie (fra cui Cocteau, Nabokov, Stravinskij). Viaggiò in Nordafrica, Medio Oriente, Indonesia, Cina, Giappone. Si fermò in India, dove collaborò col poeta Rabindranath Tagore. Per più di vent’anni, studiò la musica classica indiana, il sanscrito, l’hindi, la filosofia e la cultura tradizionale dell’India. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, fondò l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati

Le rose della notte - II, 4

  Parte II: Il cielo in fiamme 4. « Il barone Fanfulla da Lodi,/ cavaliere di gran rinomanza,/ fu condotto una sera in istanza/ da una donna di facili amor… »             La voce di Sanguinella, la Custode dei Canti, si levava spavalda in Strada Nuova, trascinando il coro del SOPA (*) . I manti porporini delle ragazze fluttuavano al ritmo delle loro scarpe, che ticchettavano sul pavé. Una sopportazione da stoiche, per i loro piedi.  La matricola, Bradamante in Fiera, reggeva al collo un coloratissimo cartello a pennarelli: “1 Abbraccio: 1 €. 1 Gufata: Gratis”.              Le “gufate” erano bigliettini accuratamente scritti a mano, ripiegati e contenuti nel sacchetto che Lucia Monella offriva agli eventuali passanti, poco vogliosi di contribuire alla Goliardia cittadina, ma curiosi della propria stessa sfortuna. A loro, poteva capitare un “Finirai la carta igienica dopo un’indigestione di puré”, un “Ti arriverà una Strillettera da parte di Voldemort” o altre chi