Passa ai contenuti principali

La nipote del diavolo - II, 6

Parte II: La Regina di Spade



6.

Nilde strizzò gli occhi, mentre si curava di affettare le cipolle in modo fine e regolare. Da quando era entrata in casa di Irene, quello era stato il genere di compiti affidatole: cucinare, lavare i piatti, spazzare, annaffiare il giardino. Decisamente, non riusciva a riconnettere tutto quello con l’arte della spada giapponese. Riconosceva bensì che era utile a una come lei, che aveva passato la vita fra i libri e le lezioni di karate. “Tutto allenamento per la vita” si disse, con una smorfia autoironica. Quantomeno, Amedeo avrebbe potuto aspirare a una moglie con qualche virtù domestica. Anche se il periodo trascorso nell’appartamento di lui, dopo la propria presunta morte, le aveva dimostrato che qualunque casalinga d’antan avrebbe dovuto cedere il passo a quel ragazzo così solerte e pulito nel proprio ménage di studente. Pur essendo di Cava Manara, quando si era iscritto all’università di Pavia, Amedeo aveva ottenuto di poter abitare in città per proprio conto e – sicuramente – non aveva dato modo ai genitori di pentirsi dell’autonomia concessagli.
            Nilde versò un velo d’olio d’oliva nella padella e vi trasferì le cipolle. Accese il fornello, mantenendo bassa la fiamma e aspettò che il tutto cominciasse a soffriggere. Guardò l’orologio della cucina: segnava le 12:45. Aveva un quarto d’ora a disposizione, prima che il pranzo dovesse essere servito. Il risotto sarebbe stato pronto appena in tempo. 

            A casa della signorina Serra, tutto scorreva con una puntualità d’acciaio. Eppure, era impossibile accorgersene. Alle ore della sveglia e dei pasti, Irene compariva semplicemente, senza alzare la voce od ostentare rigidità. Questo, però, non significava che Nilde si fosse adattata senza sforzo. Più d’una volta, la padrona di casa corrucciava il ciglio e osservava: «Devi mettere le verdure in pentola adesso, se vuoi che cuociano per la cena»; oppure: «Perché ti sei dimenticata di portare via la spazzatura?» La ragazza era sbalordita dall’incredibile quantità di distrazioni che bucherellavano la sua mente. Non si era mai accorta di disperdere tanta attenzione ogni giorno. Quando Irene scopriva e correggeva qualche sua mancanza, inizialmente, lei si sentiva umiliata fino ai visceri. Tuttavia, non poté mai imputare questo al contegno della maestra. La Serra appuntava ogni errore, ma non lo faceva mai pesare a oltranza. Le bastava vedere Nilde che aggiungeva il dovuto sale all’acqua di cottura o correva a prendere in mano l’annaffiatoio, per essere perfettamente soddisfatta. Così pure era avara di complimenti; ma, quando l’allieva era diligente, glielo faceva comprendere mantenendo un’atmosfera distesa e pacata. Pian piano, la ragazza imparò a non stare in ansia per i rimproveri, così come a non aspettarsi ricompense. Si concentrò, di volta in volta, sul tappeto da battere, sulla lavatrice da programmare; si trovò pertanto a evitare ogni sbaglio, senza neppur saperlo.

[Continua]

Pubblicato sul quotidiano on line Uqbar Love (9 giugno 2016).


Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italiana: i