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La nipote del diavolo - I, 7

Parte I: Fili pendenti



7.

Amedeo posò il cucchiaino accanto alla tazzina di caffè e fissò in volto Nilde. Erano seduti al piano superiore del “Caffè dell’Arte”, nell’orario dell’aperitivo serale. Lei poggiava indolentemente il mento sulle dita ripiegate, guardando lui con un enigmatico languore. L’altra mano seguiva distrattamente le linee del dipinto di Mondrian riprodotto sul piano del tavolo. 
«Sei sicura che non… che non avremo noie, allora?» espirò finalmente il ragazzo. Nilde sollevò il mento dalle dita. 

«Te l’ho detto: dopo averti intimidito a modo proprio, mio zio ha messo tutto a tacere» confermò lei. Amedeo si guardò intorno, nervoso. Altre coppie e gruppi d’amici avevano avuto la loro stessa idea e li circondavano, sbocconcellando biscotti o sorseggiando bevande dolci. Cercò d’assicurarsi che fossero assorbiti negli affari propri.
            «A quanto pare, il dottor Sacchi – l’anestesista complice di mio zio – si era appropriato del CD con le registrazioni delle videocamere… che hanno filmato la mia fuga con te. Ma mio zio giura che lui ha fatto sparire tutto. Ha pure pagato di tasca propria la riparazione della serratura che hai forzato – a proposito, complimenti. E amen».
            Nilde si rilassò sulla sedia, con un sorriso di gatta: «Dopotutto, dove sarebbe il tuo reato, alla fin fine? Io ero ancora viva, nella camera mortuaria del Policlinico… quindi, a rigor di legge, dovevo essere tirata fuori di lì. Punto».
            Un’ombra sul volto di lei riassunse le sue conclusioni feroci.
Amedeo ricominciò a rilassarsi. Certo, il suo irrompere di straforo in un locale dedicato alla venerazione dei defunti non era stata esattamente un’azione regolare. Ma, nella faccenda di Nilde, si erano intrecciate ben altre complicità e ben altre infrazioni. Al dottor Ario e al dottor Sacchi conveniva il silenzio, in fondo.

[Continua]


Pubblicato su Uqbar Love, N. 178 (7 aprile 2016), p. 19.

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