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La vergine di ferro - III, 7

Parte III: Il filo di Arianna



7.

Sul volto latteo e tornito di Isabella, andava diffondendosi un senso di liberazione.
            «Dunque, mio zio si è rivolto a te per cercare di ricontattare Amedeo, esatto?» la sollecitò garbatamente Nilde.
«Sì.»
«E tu hai detto ad Amedeo che lui avrebbe voluto che si scambiassero le condoglianze per… la mia morte?» riprese l’altra, non senza un fugace tono d’ironia.
Isabella annuì di nuovo.
«Quando sono andata a parlargli…» riprese quest’ultima, esitante «Amedeo mi ha detto che… gli eri apparsa… nel buio…»
Nilde sospirò. «Stava cercando di proteggermi. Non era bene che si sapesse subito che ero ancora viva… Soprattutto, non era bene che lo sapesse mio zio, checché ne pensi tu».
Isabella la guardò con occhi sgranati.
«Svegliati!» sbottò finalmente l’altra. «Il tuo prezioso dottor Michele Ario, il tuo guru, nonché lo zio che mi ha cresciuto… era impaziente di farmi seppellire. Ci arrivi?»
L’amica rimase raggelata. 

«Guardami, toccami! Sono di carne ed ossa come te!» Nilde afferrò il polso di Isabella e la costrinse a poggiare la mano sul suo collo, caldo e pulsante. Quella sensazione sembrò dare una scossa alla bionda ingenua. «E mio zio lo sa. Lui sa bene che quello che hai visto non è un fantasma. E sa anche che è in parte merito di Amedeo… se non lo sono diventata davvero».
Isabella tremava. Un velo pareva essersi squarciato nei suoi grandi occhi di bambina.
«Andiamo, cara» conciliò Nilde. «Ti riaccompagno a casa».

[Continua]


Pubblicato su Uqbar Love, N. 166 (14 gennaio 2016), p. 42.

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