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La vergine di ferro - III, 1

Parte III: Il filo di Arianna



1.

Isabella l’aveva vista. Isabella sapeva di lei – anche se in modo deformato dalla propria immaginazione accesa e dalla falsa notizia della morte di Nilde. Non ci voleva troppo a capire cosa avrebbe fatto, nella sua agitazione. Si sarebbe aggrappata all’unico appiglio sicuro – che credeva sicuro. Nilde ebbe un ulteriore moto di rabbia, pensando all’infatuazione a alla sottomissione della biondina fantasiosa verso il dottor Michele Ario, psicologo e presidente dell’Associazione Lotus. Non per colpa dell’ingenua ragazza, ovviamente. Ma per colpa del proprio zio. Era questo che lui faceva ai suoi allievi, con la scusa di vendere un corso di mnemotecnica e di alzare il loro quoziente intellettivo. Li affascinava, dilavava le loro menti, fino a renderli docili ed entusiasti come tanti bambini – tanti figli. Forse, lei, dopotutto, non era l’unica per il dottor Ario – pensò Nilde, con un ghigno di sarcasmo. 
            Questo pensava, mentre andava in cerca di uno zio ben diverso dal proprio: quello di Amedeo, il giovane amico scomparso in circostanze misteriose – ma che, per lei, era fin troppo facile indovinare. Mentre un sudore sempre più freddo le trafiggeva la fronte, attraversò la piazzetta Azzani di Pavia, diretta verso l’indirizzo di don Raffaele Bernasconi, parroco di San Michele Maggiore.

[Continua]

Pubblicato su Uqbar Love, N. 160 (26 novembre 2015), p. 19.

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