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La vergine di ferro - I,5

Parte I: Labirinti



5.

Nell’aula dell’Associazione Lotus, si sentì una mano sommessa – ma ferma – bussare alla porta. Raniero spense la voce di Enya proveniente dal lettore CD ed aprì. «Salve, dottore».
Nella stanza, l’attenzione di tutti si risvegliò con reverenza. «Per chi non lo conoscesse ancora, questo è il dottor Michele Ario, psicologo e presidente della nostra associazione» spiegò Raniero. L’uomo salutò i presenti con un cenno muto, aggrottando le sopracciglia nere e foltissime. 

            Dai sedili centrali, la figura di Isabella diede un guizzo d’emozione. I pendenti dei suoi braccialetti – a forma d’occhio di Horus – tintinnarono nervosamente.
«Come va?» domandò il presidente, con cortesia plumbea.
Si levò un coro di «Bene, bene!».
Ario sorrise, senza però distendere le sopracciglia. «Vi prego di scusarmi, se non sono stato presente come avrei dovuto. Forse, vi è già stato detto… che sono stato colpito da un grave lutto. Mia nipote, di appena diciannove anni, se n’è andata dopo un incidente. Mi consola soltanto sapere che ha ricevuto le ultime cure da una mano fidata. Ma credo che i miei angeli…» e fece cenno a Raniero «…siano stati capaci di non farvi sentire la mia mancanza».
            Abbassò il capo e ignorò i singhiozzi che cominciavano a salire dall’uditorio. Sussurrò qualcosa all’assistente ed uscì dalla stessa porta per cui era entrato.


[Continua]

Pubblicato su Uqbar Love, N. 144 (16 luglio 2015), pag. 17.

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