«Che
orrore!» Così sbotta, scandalizzata, la madre (cinquantenne) davanti alle
fotografie della figlia (ventenne) truccata come Brandon Lee nel film The Crow.
«Tu devi metterti la testa a posto… Dovresti essere disgustata a veder queste
cose, non goderne… C’è già tanto male nel mondo: a che serve inventarsene dell’altro?
Se tu sei di questo umore, non ti voglio attorno… voglio cose positive attorno
a me…»
«Ecco
cosa si guadagna a essere sinceri» risponde la figlia, gelida.
«Se
tu sei sincera, io sono libera di dirti la mia opinione!» guizza la signora, oltraggiata nei suoi diritti.
Ebbene, a questa recente scena io
voglio rispondere, senza farmi incantare dal fatto che quella madre sia una
veterocasalinga con poche e affezionate idee, né dal fatto che sia tornata a far la gatta con
la figlia poco dopo, come se avessero parlato del tempo. Perché non saper
distinguere fra la legittima espressione di un’opinione (“Questa estetica non
fa per me”) e la sferzata d’un giudizio morale è un grave difetto di civiltà.
Un difetto diffuso nei “piccoli mondi antichi” della “brava gente”, quella che
allontana da sé lo spettro dell’irregolarità
e del delitto coi suoi “se la sono cercata”, “sono matti”, “che gli è
saltato in testa?”. Questa “brava gente” è la stessa che ritiene una minigonna
un delitto da punire con lo stupro, o l’omosessualità una devianza tanto pericolosa da doverla rendere quantomeno
invisibile a livello socio-politico, se non la si può reprimere con un buon
elettroshock o eliminare dalla faccia della terra. La violenza fisica –si sa-
non è perbene. Meglio parlare alle
spalle, lanciare frecciate velenose, frustare i figli nel profondo dell’anima,
là dove non si sentono neppure i lamenti. E, se qualcuno si permette di far
notare che questo fa male, è pronta
la risposta: «Non piangerti addosso! Nessuno
ti sta torcendo un capello».
È facile levare lamenti su Sophie
Lancaster, su quel tenero corpo straziato da un gruppo di balordi
perché vestito di nero e fornito di piercing. I sorrisi di una donzella inteneriscono. Condannare chi picchia, scalpa e uccide è facile (si sa, tutto
ciò non è perbene). Meno facile è
accettare che quei “balordi”, in realtà, non siano alieni, ma esseri umani meno
ipocriti di altri. L’odio verso una subcultura, un’estetica, una forma di diversità sociale innocua ma vistosa ha
radici in quella normalità che si
fonda sulla recinzione del proprio orticello di sicurezze. I cosiddetti “balordi”,
nell’individuare le vittime, fanno scelte –guarda caso- combacianti coi
pregiudizi più collaudati. In un certo senso, si sporcano le mani al posto
delle comari e dei bravi padri di famiglia che si limitano a coltivare i
paraocchi della prole, senza passare all’azione.
Meno drammatico, ma altrettanto
disgustoso (a mio vedere) è un altro episodio, avvenuto nello stesso anno della
morte di Sophie a una sua conterranea: Samantha Goldstone. Di professione
insegnante, nel tempo libero scriveva romanzi neogotici e teneva un sito a
tema, sotto pseudonimo. Una volta scoperta l’identità fra la professoressa e la
scrittrice, apriti cielo. I giornali si scatenarono a far di Samantha un’immonda
creatura, come se fosse stata diversa da Bram Stoker, Anne Rice e gente
similmente osannata. Povera Inghilterra, che tanto hai dato al genere
letterario gotico…
Questi tre casi (la ventenne
truccata, Sophie Lancaster, Samantha Goldstone) mi fanno ripetere quelle parole
di Salvatore Quasimodo: Sei ancora quello
della pietra e della fionda,/uomo del mio tempo… Hai ancora bisogno dei
roghi, nonostante tutto. Il progresso t’ha liberato dal vaiolo e dalla peste
bubbonica, ma non dalla tua piccineria assassina.
Perché ogni normale uccide il diverso,
sia da tutti
questo risaputo:
v’è chi lo fa
con uno sguardo avverso,
chi con lusinghe
viscide di sputo;
il brav’uomo con rimprovero perso,
l’ombroso nella
lama d’un minuto.
Non
aspettatevi senso della giustizia ed equanimità da chi si sente normale e giusto. Perché è esattamente quel tipo di persona a cui, sotto
sotto, fanno comodo gli stupri e i pestaggi che puniscono i suoi fantasmi. La
sua astensione dal crimine è pura vigliaccheria. E per fortuna è vigliacco, ci
si può ridurre a dire.
Contro questo genere d’obbrobrio
umano voglio innalzare il canto d’Elettra e levare il mio stendardo luttuoso.
Io sono macabra, ma tu sei morto, uomo del mio tempo. Sei morto ogni volta che
uccidi te stesso nel tuo simile, per il bisogno di capri espiatori. E la tua
incapacità di violenza non ti assolve: ti rende solo più viscido.
Vorrei venir con gli occhi della Morte
a spiarvi nel sonno,
quello per cui venduto avete l’anima.
Nemmen più vi disturba
il legno della Croce stretto in gola.
E così va avanti il vostro tran tran:
filtrar moscerini, inghiottir cammelli;
ogni tanto, lucidate con sputo
il vostro bel parquet di pelli umane.
Mi raccomando: quando passerà
sulla vostra strada un giovane pazzo
del suo vivere eretico,
fate i vostri scongiuri
e tornate, ve ne prego, a dormire
nel sego filisteo.
Sogni d’oro. Che possa
il vostro grasso esservi leggero.
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