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Visualizzazione dei post da agosto, 2014

Uomo del mio tempo

«Che orrore!» Così sbotta, scandalizzata, la madre (cinquantenne) davanti alle fotografie della figlia (ventenne) truccata come Brandon Lee nel film The Crow . «Tu devi metterti la testa a posto… Dovresti essere disgustata a veder queste cose, non goderne… C’è già tanto male nel mondo: a che serve inventarsene dell’altro? Se tu sei di questo umore, non ti voglio attorno… voglio cose positive attorno a me…» «Ecco cosa si guadagna a essere sinceri» risponde la figlia, gelida. «Se tu sei sincera, io sono libera di dirti la mia opinione!» guizza la signora, oltraggiata nei suoi diritti.             Ebbene, a questa recente scena io voglio rispondere, senza farmi incantare dal fatto che quella madre sia una veterocasalinga  con poche e affezionate idee, né dal fatto che sia tornata a far la gatta con la figlia poco dopo, come se avessero parlato del tempo. Perché non saper distinguere fra la legittima espressione di un’opinione (“Questa estetica non fa per me”) e la sferzata d’un giu

La parte migliore

Una volta, diversi anni fa, ho letto qualcosa, parlava del come vivere e del come morire. Del come mangiare e come camminare. È qualcosa che molti conoscono, almeno le persone che hanno letto cercato trovato, che si sono interessate al pensiero del Buddismo Zen. Diceva, questa frase: «Quando cammini, cammina, quando mangi, mangia, quando muori, muori». […] Un famoso maestro giapponese diceva: «Se sei in riva al fiume, e se senti la bellezza del fiume, se riesci a fare tutt’uno col fiume, allora stai agendo intuitivamente con il tuo spirito Zen, col tuo spirito illuminato». E fare questo non è niente di straordinario, è nella nostra natura farlo. Il fatto è che spesso la nostra vera natura è ricoperta da idee ricevute, paure, pensieri economici, aspettative, piccoli film mentali. Dall’idea che dobbiamo essere efficaci, belli, perfetti. «Quando noi siamo staccati dalla nostra vera natura», diceva il maestro Zen, «allora abbiamo paura. Quando intuiamo che invece siamo una cosa sola col f

Non può piovere per sempre

«Cosa sei? Un fantasma? Un pagliaccio?» «Qualcosa del genere…» La morte fa vedere qualunque cosa sotto una luce di distacco e il distacco genera umorismo. Per questo, probabilmente, Eric Draven (Brandon Lee) ha adottato un trucco sardonico, una volta tornato dalla tomba. I suoi dialoghi con i nemici sono contrassegnati da un impeccabile sarcasmo, che rende la resa dei conti uno spettacolo di delizioso humour nero. Però, il resto della figura di Eric è funereo. E il corvo che veicola la sua anima è sempre presente, a ricordargli che lui appartiene ormai al mondo delle ombre.             Non sto neppure a descrivere quale lusinga sia la somiglianza fra il mio nome e quello del Corvo. Né sottolineerò il mio amore per la colonna sonora e l’estetica del film, appunto The Crow   ( Il corvo , 1994; regia di Alex Proyas). Lo si potrebbe considerare un tributo (involontario?) al gothic rock, oltre che alla musica metal e punk. Oltretutto, il protagonista suona la chitarra elettrica in un

Lost in TRANSlation

Mi sono accostata a The Rocky Horror Picture Show (1975, regia di Jim Sharman) perché incuriosita dal sito A Study of Gothic Subculture: An Inside Look for Outsiders . Il musical, infatti, compare nell’ elenco di film  proposti come esempi di estetica cinematografica gothic. Di certo, l’ambientazione notturna, il castello e i richiami a miti come quello di Frankenstein spiegano l’inclusione nella lista. I motivi di interesse che ho trovato nel film, però, sono stati anche d’altra natura e decisamente inaspettati.             Il primo fotogramma dopo i titoli di testa inquadra una croce celtica che sormonta un campanile. È appena stato celebrato un matrimonio, tradizionale momento di risveglio della sessualità in un paesino piccolo e pudibondo. Su questo sfondo, i protagonisti Brad (Barry Bostwick) e Janet (Susan Sarandon) si dichiarano ufficialmente il proprio amore. Le loro parole e i loro abbracci sono contrappuntati dai figuri spettrali che preparano un funerale. Eros e morte s

Così parlò Facondo

Due pesi e due misure

Il patto con Melusina e altre questioni (in)attuali

Spesso, mi capita di discorrere con un mio caro amico, decisamente più conservatore di me, di questioni come la concezione della famiglia, il rapporto fra individuo e comunità, il ruolo femminile nella cura dei figli. Quello che lui dice –almeno in parte- è abbastanza autoevidente. Ovvero: i rapporti all’interno della famiglia dovrebbero essere all’insegna della condivisione; l’individuo come entità assoluta non esiste, perché ognuno di noi vive in un contesto socioeconomico che contribuisce a plasmare anche le nostre convinzioni e a condizionare i nostri comportamenti; le donne tendono –in linea di massima- ad avere un rapporto più diretto coi figli e un’inclinazione maggiore alla cura dei propri cari. Io, come Lucia Mondella nella conclusione de I promessi sposi , non trovo che i discorsi del “mio moralista” siano falsi in sé, ma avverto che manca qualcosa. L’amico di cui sopra, ovviamente, liquida la mia miscredenza come frutto dell’individualismo moderno e cita “il modello di fa

Come affrontare la convivenza con una veterocasalinga – I consigli di Dentella D’Erpici

Sembra incredibile, ma esistono ancora. Gli esemplari di Mulier domestica, o veterocasalinga, o casalinga a tempo pieno allignano tuttora nelle aree provinciali del Bel Paese, soprattutto nelle fasce sociali a reddito medio-basso. Questa specie in via d’estinzione è naturalmente predisposta alla domesticazione e ciò presenta enormi vantaggi per l’ Homo sapiens sapiens. Purtroppo, però, la lunga coabitazione con una veterocasalinga può essere anche rischiosa, a causa dell’irrefrenabilità dei suoi umori uterini. Ecco alcune cose da sapere per non soccombere sotto di lei nella lotta per la sopravvivenza: 1.       Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Qualche decennio fa, la Mulier domestica era una specie capillarmente diffusa sulla penisola italica. Il terzo millennio ha visto una netta riduzione del numero di esemplari. Ciò significa che la veterocasalinga odierna, in molti casi, avrebbe avuto altre possibilità di vita, ma non le ha scelte, perché irrimediabilmente vocata al ru

Revisione costituzionale

Spiritualità

La religione ci divide come uomini, la spiritualità ci unisce. (Alice T. Crowe, African Spirituality Network) Spiritualità . Questa parola ha generalmente un sapore d’arcano, d’ecclesiastico o di ciarlatanesco, a seconda dei contesti. È impalpabile tanto quanto il concetto che indica. Perciò, anche per “deformazione accademica”, mi rivolgo alla concretezza del dizionario, impregnato d’inchiostro e polvere. Spīrĭtŭs, ūs , secondo i sempiterni L. Castiglioni e S. Mariotti, ha una vasta gamma di significati, di cui i primi sono soffio, aria, respiro. Il pragmatismo latino fornisce dunque una traccia tanto semplice quanto eloquente per definire il significato di “spiritualità”. Essa sarebbe il modo di respirare .  I praticanti zen, a questo punto, potrebbero aver molto da dire. Però, la definizione di cui sopra non ammicca solo alle tecniche giapponesi di meditazione. È sensualmente incarnata anche dalle vetrate gotiche, polmoni di luce per le chiese del XIII - XIV secolo. È esemp