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Visualizzazione dei post da ottobre, 2012

Frequenze clandestine

<<Vorrei sapere cosa ne pensi>> mi dice, finalmente. Siamo a Radio Aut, davanti al bancone. Ha ragione… Ho letto da tempo le sue Frequenze clandestine e ancora non ne ho detto nulla. Strano.             Pesco alla cieca fra le parole che mi galleggiano in testa. Complesse e complici. Sì, così trovo le sue poesie. Poi, riemergono due versi. Indimenticabili. Glieli cito: …perfino la bellezza resta in agguato come un vestito sul pavimento (1) E Dario sorride. Sorride a lungo. Cosa c’è di clandestino, nelle sue Frequenze ? A prima vista, nulla. Vi ho ritrovato Pavia, la nostra città di studenti: piazza duomo smantellerà i cantieri per natale (la statua del cavallo resta immobile nel buio) (2) E tanti angoli notturni: pub, lavanderie, stazioni, percorsi con un’ossessione pensosa e insonne. dieci sirene, dieci: non mi hanno ancora preso (3) Anch’io spero che non lo “prenderanno” mai, per incarcerarlo in un ufficio o impiccarl

Caro amico ti scrivo...

"NEI PAESI soggetti al regime comunista, come ricorderai, lo Stato possedeva ogni cosa. Le strade, i campi, le scuole, le case, gli ospedali, le fabbriche, le miniere, i tram, la metropolitana... Gestiva e, almeno in teoria, provvedeva a tutto, pagando ai lavoratori salari sì e no sufficienti a comprarsi i pochi generi alimentari che trovava sul mercato, e che spesso non bastavano a sfamarlo, a vestirlo, a ripararlo dal freddo. Un’economia complessiva e autoritaria che, nel corso di 70 anni che rimase in piedi, affossò e diffamò un’idea, quella del socialismo, che agli inizi del secolo scorso era sembrata una luce sfolgorante, che finì per trarre in inganno anche da noi una marea di brava gente che a quella giustizia aveva sinceramente creduto e che, alla fine del gioco, si trovò delusa e amareggiata. Andai in Russia la prima volta nel 1975. Ovunque incontrai lavoratori, insegnanti intellettuali arrabbiati e umiliati, in fila davanti a una vetrina vuota, o a una pila di patate.

Parole, parole, parole...

  La Patria ? Dio? L’Umanità? Parole che i retori t’han fatto nauseose!...   E l’elenco del buon Guido Gozzano potrebbe allungarsi all’infinito, se fosse vivo al giorno d’oggi. Rendere nauseose le parole è uno sport che non passa mai di moda. Appaga l’ego senza richiedere troppo sforzo. Guarda caso, sono reduce dalla proiezione pavese di Cena tra amici , in cui un professore di sinistra e un cafone arricchito si sfidano a colpi d’arrogante vuotezza. “Io conosco il significato delle parole e il loro peso!” esplode, a un certo punto, il primo. Senza commentare questo fulgido monumento alla modestia, passiamo realmente a peso e significato di diverse parole. Quelle che vanno più di moda ora: “dignità”; “diritti umani”; “bullismo”.             “Dignità” deriva dal latino dignitāte(m) (1) , ovvero la “posizione” che qualcuno occupa all’interno della società. Indica un ruolo, comprensivo di diritti , ma anche di doveri , senza i quali non avrebbero senso i primi. Di

Donne dannate - Delfina e Ippolita

  “Al pallido lume delle lampade languenti, Su profondi cuscini impregnati di odore, Ippolita sognava sotto le carezze potenti Che alzavan la tenda del suo giovin candore.   Cercava, con occhio turbato di tempesta, Della sua ingenuità il ciel già lontano, Come un viaggiator che volge la testa Agli azzurri orizzonti passati al mattino.   Dei suoi occhi spenti le lacrime molli, L’aria affranta, lo stupor, la cupa voluttà, Le sue braccia vinte, gettate come armi vane, Tutto serviva, tutto ornava la sua fragil bellezza.   Stesa ai suoi piedi, calma e colma di gioia, Delfina la covava con occhi ardenti, Come un forte animal che sorveglia una preda, Dopo già averla segnata coi denti.   Bellezza forte inginocchiata alla bellezza debole, Superba, aspirava voluttuosamente Il vin del suo trionfo, e s’allungava verso lei, Come a raccoglier un dolce ringraziamento.   Cercava nell’occhio della sua pallida vittima Il cantico muto che canta il piacere, E la gratitud

Ode corretta ai nemici

  “Miei amati, miei cari nemici! Devo confessarvi la mia simpatia. Se voi foste di meno qui intorno – uno potrebbe cadere nell’apatia. Mi aggrada il vostro subbuglio. Vi divido in tipi e in ranghi. Siete il mio consueto allenamento quotidiano, i miei attrezzi, i pesi e le sbarre.   La forma fisica è una bella sensazione. Faccenda noiosa –vivere senza battaglie. A causa della vita tranquilla uno ingrassa nel cuore e perde il girovita.   Grazie a voi, perché non siete polpa. La mediocrità non va bene per essere nemici. Se ho i bicipiti dell’anima – è perché ho combattuto con voi.   Quindi lode a voi! Preservate il coraggio. E consentitemi di battervi con garbo: se voi mi piegherete sotto un arco, quest’arco sarà, certamente, voltaico.”   LINA KOSTENKO (trad. di Paolo Galvagni)

Il veleno

“Il vin sa rivestir la più sordida bettola D’un lusso miracoloso, E fa sorger più d’un portico fiabesco             Nell’oro del suo rosso vapore, Come un sol calante in un ciel nebuloso.   L’oppio ingrandisce quel che non ha limiti,             Allunga l’infinito, Approfondisce il tempo, scava la voluttà,             E di piacer neri e cupi Riempie l’anima oltre la sua capacità. Tutto ciò non vale il velen che stilla             Dai tuoi occhi, dai tuoi occhi verdi, Laghi ove la mia anima trema e si vede al rovescio…             I miei sogni vengono in folla Per dissetarsi a quei flutti amari.   Tutto ciò non vale il terribil prodigio             Della tua saliva che morde, Che affonda nell’oblio la mia anima senza rimorso, E, trainando la vertigine, La fa rotolar sfatta alle rive della morte!”   CHARLES BAUDELAIRE ( I fiori del male, 1861)

Una riflessione su "Meravigliosamente" di Giacomo da Lentini (II parte)

"Continuiamo il nostro discorso su Meravigliosamente . Andiamo ora a concentrarci su un rapporto più nascosto e di cui poco ancora si conosce: il rapporto tra copista e manoscritto, che in questo caso occorre moltiplicare per tre. Trattandosi di codici assai rilevanti, possiamo qui muoverci su un territorio già ben dissodato. Questi tre famosi canzonieri, infatti, si collocano con certezza verso la fine del Duecento..."  (continua)    Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo  su Edoardo Varini Publishing

Donne dannate

“Come armenti pensosi sulla sabbia coricate, Volgon gli occhi all’orizzonte dei mari, E i lor piedi che si cercan e le lor mani avvicinate Han dolci languori e brividi amari.   Alcune, cuori invaghiti delle lunghe confidenze, In fondo ai boschetti ove sussurrano i ruscelli, Van compitando l’amor delle infanzie timorose   E scavano il legno verde dei giovani arboscelli; Altre, come sorelle, avanzan lente e gravi Fra le rocce piene d’apparizioni, Dove Sant’Antonio ha visto sorger come lave I seni nudi e imporporati delle sue tentazioni;   Vi son quelle, al lume delle resine cadenti, Che nel cavo profondo dei vecchi antri pagani Ti chiamano in soccorso delle lor febbri urlanti, O Bacco, che addormenti i rimorsi antichi!   E altre, di cui il petto ama gli scapolari, Che, nascondendo una frusta sotto le lunghe vesti, Mischian, nel bosco tetro e nelle notti solitarie, La spuma dei piaceri al pianto dei tormenti.   O vergini, o demoni, o mostri, o m

Una riflessione su "Meravigliosamente" di Giacomo da Lentini (I parte)

"A questo punto, proviamo a porre domande di teoria (relativamente alla critica testuale) a un testo celebre della letteratura italiana delle origini: la canzonetta Meravigliosamente del “Notaro” Giacomo da Lentini. Cominciamo dal primo ambito: incertezza su ciò che vi è, ovvero sui manoscritti che tramandano il testo. Attualmente la canzone del notaro è attestata dai tre manoscritti fondamentali della poesia italiana del Duecento, convenzionalmente indicati con le sigle A, B e C..." ( continua ) Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo  su Edoardo Varini Publishing

Mamma Giustizia (2)

P., una volta tanto, si sfoga. <<Era una banale controversia di condominio>> racconta. <<Io ho portato al giudice un faldone intero, per documentare le fesserie che erano state fatte. Sai cosa mi ha risposto? “Mah… Non ho tempo di leggere tutta quella roba. Prenderemo un paio di fogli a caso e basteranno…” E invece no. Se ho portato un fascicolo intero, significa che le cose che non andavano erano molte e da quello non si può prescindere, se si vuole dare una sentenza adeguata. Lasciamo perdere come viene custodita la documentazione… Avrei potuto prendere un fascicolo qualunque, sfruculiare o farlo sparire, a mio piacere…>> P. racconta anche di fogli macchiati di sugo, ricordo di letture affrettate durante la merenda, magari davanti al televisore. In un altro caso, aveva richiesto un risarcimento per danni. <<Abbiamo ragione al cento per cento>> gli aveva detto il suo avvocato. <<Però, guarda, non posso assicurarti niente… Dipende da come i