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Visualizzazione dei post da settembre, 2012

Cronache nere

  La prima raccolta di  Andrea Gobbato è dedicata sia ad amici che nemici: “a chi, insomma, fa in modo che la mia vita non sia schifosamente vuota” (frontespizio). La vita, intesa come quotidianità concreta, trabocca dai suoi racconti, fra discoteche, automobili, strade, letti. Proprio questi sono i luoghi Dove allignano le cose oscure.             Il titolo della raccolta è tratto da Carrie (1974), il primo romanzo di Stephen King. Questo autore è indicato da Gobbato fra le fonti della sua passione letteraria. Non ci sono dubbi sul DNA della sua musa, del resto. È sicuramente la stessa che ha partorito l’Overlook Hotel e il sovrannaturale Shining, consacrati dal genio di Stanley Kubrick.             Gobbato, anche nella testata del proprio blog, sottolinea la propria esperienza come giornalista. Precisa d’aver collaborato, durante gli studi a Pavia, con il mensile studentesco Inchiostro . Infatti, la sua prosa ha un che di giornalistico: periodi brevi, attenzione ai

Rondini come formiche

S embrano davvero formiche, nere e pullulanti in una distanza indefinita. Se non che il loro prato è il cielo e si distribuiscono ignari chiassosi e sublimi canti. Rondini come formiche , dice Barbarah Guglielmana. La sua raccolta è nata guardando il cielo: un atto che può essere quotidiano, oppure unico, a giustificare una vita intera ( La mia poesia ). È dedicata alla madre dell’autrice; per l’appunto, la maternità è un tema ricorrente. La femminilità, nei versi di Barbarah, è corposa e lacerante. Si presenta attraverso il Mestruo (pag. 12), la gravidanza o l’allattamento, visto come un legame d’amore-morte dai risvolti quasi vampireschi: Il prosciugamento/ avvenne/ ad opera di un uomo bambino/ che succhiò/ fino all’ultima goccia/ la mia linfa […] Poi me ne sono andata via/ con la mia pelle morta. (pag. 20).             Questo linguaggio, d’una semplicità abissale, fa intuire come non vi sia nulla di troppo umile per la poesia. Le tracce d’un amore finito s’incarnano in pen

Il rapporto tra copista e manoscritto. Secondo ambito di incertezza

"Come si esplica per il copista l’incertezza su ciò che per lui vale? Dal nostro punto di vista l’incertezza sulla valutazione che il copista esprime nei confronti del testo si manifesta in due ambiti: quello tra il copista dotto e il testo che egli deve vergare; e quello tra chi commissiona il testo e il testo stesso. Quando siamo alla presenza di un copista dotto (abbiamo fonti riguardo alla sua vita, alla sua formazione culturale etc., quindi, ci è noto), è semplice indagare la sua componente valutativa nell’atto di copiatura del testo e, soprattutto, di scelta di un certo testo da copiare. Quando, al contrario, ci troviamo dinnanzi a un copista per professione, di cui non conosciamo nulla (nemmeno il nome), l’unico indizio per interrogare la sua componente valutativa potrebbe risiedere nella conoscenza della storia del monastero o, in generale, dello scriptorium , con la conseguente ricerca dei libri lì contenuti: in altre parole occorre conoscere quale “aria” si respiras

Il mal di Culagna

IL MAL DI CULAGNA di Angelico Mazzanti Il multisala Arlecchino di Culagna ha chiuso i battenti. Un fallimento annunciato: da anni, scarseggiavano gli spettatori, benché il cartellone proponesse capolavori come Pinca e Pallino o Il naso rosso , col grande comico Clownio Risio. Davanti a questo, una domanda s’impone: dov’erano finiti gli studenti universitari ? È presto detto. Poco si curano della settima arte. Preferiscono spendere 10 euro per una scatola di pasta o una dozzina d’uova, piuttosto che per il biglietto. In questi anni – come al loro solito- hanno protestato e supplicato il Comune di fare attenzione al problema; ma al cinema non si son fatti vedere, se non durante rassegne e cineforum per intellettualoidi.             Si nota bene la loro presenza altrove, invece. La spumeggiante movida di Culagna impazza ben una volta alla settimana, nel Corso Antico. Quella sera, tre locali restano aperti fino alle 20:30. Ognuno di essi accoglie almeno 15 avventori –ovvi

Il rapporto tra copista e manoscritto. Primo ambito di incertezza

"Il secondo livello dell’incertezza investe il rapporto tra il copista e il manoscritto che egli deve copiare. Riguardo al primo ambito – su ciò che un copista dice vi sia – un copista di professione (pensiamo al classico amanuense del monastero medievale) tendenzialmente non si pone, o non si dovrebbe porre, il problema su ciò che vi è, ovvero sul manoscritto che ha dinnanzi, giacché la sua professione consiste semplicemente nel mero atto della copiatura. O meglio: occorrerebbe indagare questo campo, poco battuto dagli studi paleografici. [...]" Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo   su Edoardo Varini Publishing

Baraonda!

Immaginate un vortice di quadri apparentemente slegati l’uno dall’altro, ma attratti in una spirale senza freno. Materia che si contrae in un nucleo densissimo, destinato a un nuovo Big Bang.             Questa è la Baraonda! di Vincenzo Di Pietro . Titolo di cui precisa la definizione data da Tullio De Mauro: “Frastuono prodotto dal movimento confuso e dal vociare di molte persone […] insieme confuso di cose, disordine” ( Dizionario della lingua italiana ). Poco dopo, la precisione lessicale esplode nei petali di una notte marcia.             Baraonda! è un “cortoromanzo pulp” di 114 pagine. 14 capitoletti, i cui incipit sono preceduti da scarne note in minuscolo, fra parentesi. Così come fra parentesi sono i pensieri dei protagonisti, il materiale umano del vortice. Gialluchetto fugge da un innominato “mostro”. Mariano spalanca la propria mole nel condominio dove “comanda lui”, usuraio e uxoricida. E papà adorato, per la sua Romina. Mimmo sonnecchia sul proprio tesoro d

Per provare qualcosa a se stessi

Mi destano le più peculiari perplessità le personalità “aperte e problematiche” che, pure, sono permeate da un solido positivismo. Cosa c’è realmente dietro la “negazione di tutte le certezze”? Non è forse essa stessa una certezza?             Questo e altro mi si rigira in mente, leggendo scritti critici su Antonia Pozzi (1912-1938). Si laureò presso la Regia Università di Milano, con una tesi in Estetica. Suo relatore era il prof. Antonio Banfi . Così lo descrive Maria Corti: “C’era in Banfi da un lato una capacità e forza intellettuale di mettere in crisi le nostre più radicate sicurezze, religiose o filosofiche che fossero, e dall’altro di innestare su quelle crisi un problematicismo alquanto drammatico ma affascinante…” (1) Altrimenti detto, con le parole della Pozzi: “Paci. Dostojevschiano anche lui. E anche lui sente, acutamente, che una visione filosofica come quella di Banfi applicata alla vita di un giovane porta a spaventose conseguenze pratiche. Comprendere tutto,

Pànta rheî

“Io ho sempre teorizzato, simbolizzato, divinizzato le contingenze particolari, proiettato in ischemi quelle che erano solo delle esperienze individuali. Ognuna delle posizioni momentanee mi pareva la missione di tutta la vita. E invece la vita cambia ad ogni istante, ogni forma dell’essere nasce con un principio di morte, l’eterno è in tutte le cose, è nell’incessante variare di tutte le cose, ma nessuna cosa è l’eterno.”   ANTONIA POZZI ( Diari , 21 marzo 1935)      

Il prezzo del mondo

Tutto avrei pensato, tranne che mi sarei commossa, guardando Scarface (1983) . È stata una reazione quasi dissacrante, considerando che si tratta del capolavoro del genere gangster movie –non proprio un polpettone melenso. In particolare, la celeberrima scena della motosega era proprio pulp e splatter come l’aveva preannunciata Saviano. Tutto quel sangue per concludere una transazione commerciale… e mo’ chi pulisce???             Comunque, a mente più riposata, quella commozione non era così ingiustificata. Ἔλεος si accompagna sempre a φόβος. È la formula della tragedia.             All’inizio, avevo pensato a Sofocle, alla solitudine feroce del suo Aiace. Ma è più calzante il paragone colto da Roberto Saviano: quello con Achille, il guerriero che va incontro a una morte prevista e, forse soprattutto per questo, sa che vale la pena di combattere senza risparmiarsi.             Dante scrive che, in una tragedia, l’inizio è piacevole, ma il finale terribile. A dire

La ricetta dell'aria fritta

  Ovvero: come far parlare la gente per mesi o anche anni. L’impresa vi sembra troppo ambiziosa? Non scoraggiatevi, cari verbo-gastronomi: ecco qualche semplice consiglio per cucinarsi la buona fede di chi leggerà il prodotto delle vostre fatiche. 1)      I “casi” sono questione di lingua. Perché una faccenda diventi importante, è sufficiente che siano in molti a parlarne. Raggiunto questo obiettivo primario, la vostra notizia troneggerà in ogni dove. Non importa che si tratti della Terza Guerra Mondiale o delle verruche della signora Pina; 2)      Onora la chiacchiera da bar. È fondamentale che il “caso” diventi materia di fervide discussioni fra una birra e un caffè. Il vostro target dev’essere l’uomo comune che s’illude d’essere un ingegno superiore, folgorando gli amici con le proprie “rivelazioni” (es.: “Oggi sono tutti raccomandati”; “Non è cambiato niente dai tempi di mia nonna”…); 3)      Meglio abbondare col pepe. Usate, se potete, concetti tanto fo

Cose da ragazze

“ Pasturo, 20 settembre 1936 Caro Vittorio, torno a scriverti questa sera con un po’ di calma per dirti che oggi, giù al tennis, ho visto la Isa e che con mia somma gioia ho visto riconfermati tutti i migliori giudizi che io ho dato su di lei. È veramente una cara ragazza intelligente e bisogna proprio perdonarle alcuni brevi ‘errori di recitazione’ e qualche atteggiamento sbagliato. Sostanzialmente, è una personalità molto interessante, direi quasi eccezionale, e mi sembra di volerle sempre più bene. Sai che della vostra passeggiata, senza che io dicessi una parola, mi ha dato la stessa precisa versione che mi hai dato tu? Impossibilità di creare artificiosamente un’atmosfera –o meglio: di sostenere un’atmosfera creata artificiosamente –ritrovarsi delusi e smontati di fronte alla realtà dopo il lavoro d’immaginazione. Non abbiamo potuto dire di più. Ma mercoledì passerò tutto il pomeriggio da lei e potremo parlare. Ma la cosa sensazionale è questa: sai che cosa è ve

Niente di straordinario

Sarà stato un mero svago estivo… Una di quelle cose che purgano il cervello dallo stress da studio, quando lo Spirito della Pennichella vieta di applicarsi a peripteri, khilani e scrittura cuneiforme. È anche un modo per ricrearsi fra donne di casa, quando il (cosiddetto) capofamiglia si è dislocato dalla “zona televisore”. Don Matteo  ha collezionato diverse serie e tiene duro. A volte –confesso- mi tenta il cinismo. Magari bastasse il parroco del paese a risolvere ogni caso. Da Gubbio, avrebbe anche potuto fare un salto a Perugia, per esempio. È più abile perfino dei carabinieri professionisti. E lasciamo stare le barzellette, per favore. Anche se il maresciallo Cecchini sembra tratto di peso da esse. Mettiamoci, piuttosto, a sognare sui “dolori del giovane Tommasi”, indeciso tra la fidanzata e la figlia del collega. Bisogna ammettere che con il suo telegenico fascino il povero Severino compete invano. Quanto a don Matteo, è sicuramente il parroco che chiunque vorrebbe. Sa f

Il rapporto tra editore e manoscritto. Terzo ambito di incertezza

"[...] È chiaro come sia impossibile entrare nella testa dell’autore; ma allora in che modo tendere alla certezza anche in questo ambito? All’idea di completezza nell’approccio che l’editore ha nei confronti di un testo? Potremmo suggerire una proposta, come fa da qualche anno la filologia statunitense. Un metodo (anche questo soggetto in parte all’incertezza) potrebbe consistere nella ricostruzione storica della biblioteca dell’autore, come è stato fatto – e si sta facendo – anche in buona parte della filologia novecentesca: ultimo il caso della biblioteca di Dante, su cui si è recentemente espresso Luciano Gargan. Di altri scrittori – come, per esempio, Petrarca – siamo in possesso di fonti che attestano i volumi fisicamente posseduti dall’autore. [...]" Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo   su Edoardo Varini Publishing

Fra Alta e Bassa

È bello cominciare con un esordio alla “Turisti per caso”: Bergamo? Sapevo che c’era, ma non la immaginavo così…             F. me l’aveva magnificata, perciò gli “dovevo” la replica della gita, in versione “Attenti a quei due”. Appuntamento fissato alla stazione di Bèrghem. La conquista d’un posto sul treno, per la sottoscritta, è stata qualcosa di rocambolesco. A partire dal fatto che Manerbio ignora una meravigliosa invenzione del progresso: i biglietti a fascia chilometrica… Comunque, dopo coda alla biglietteria, improperi, corsa sul vagone e altri improperi, la situazione ha trovato un suo status quo. Il tragitto è stato allietato dalla compagnia di due liceali trentini in viaggio per la Spagna, di treno in treno (che la Forza sia con loro!). Va da sé che, al capolinea, F. era da contare fra le loro vecchie conoscenze per fama.             Recuperato il compagno di gita, pausa strategica per accompagnare un signore ipovedente a un caffè di Bergamo Bassa. Probabilment

Populismi

“Ne’ tumulti popolari c’è sempre un certo numero d’uomini che, o per un riscaldamento di passione, o per una persuasione fanatica, o per un disegno scellerato, o per un maledetto gusto del soqquadro, fanno di tutto per ispinger le cose al peggio; propongono o promovono i più spietati consigli, soffian nel fuoco ogni volta che principia a illanguidire: non è mai troppo per costoro; non vorrebbero che il tumulto avesse nè fine nè misura. Ma per contrappeso, c’è sempre anche un certo numero d’altri uomini che, con pari ardore e con insistenza pari, s’adoprano per produr l’effetto contrario: taluni mossi da amicizia o da parzialità per le persone minacciate; altri senz’altro impulso che d’un pio e spontaneo orrore del sangue e de’ fatti atroci. Il cielo li benedica. In ciascuna di queste due parti opposte, anche quando non ci siano concerti antecedenti, l’uniformità de’ voleri crea un concerto istantaneo nell’operazioni. Chi forma poi la massa, e quasi il materiale del tumulto, è un mi