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Visualizzazione dei post da febbraio, 2012

Mafie senza confini - Noi senza paura

Lunedì 5 marzo 2012: Mafie al nord: infiltrazione o radicamento? Maria Fiore, La Provincia Pavese Mario Portanova, Il Fatto Quotidiano Lorenzo Frigerio, Libera Informazione modera Carlo Gariboldi, La Provincia Pavese Lunedì 2 aprile 2012 Mafie SpA: l'avvelenamento del territorio Ivan Cicconi - esperto di contratti pubblici Edoardo Bai - Legambiente Lombardia Sergio Cannavò - Legambiente Lombardia Lunedì 7 maggio 2012 Ospedali psichiatrici giudizari e criminalità organizzata Ignazio Marino - Presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio Sanitario Nazionale Corrado De Rosa - autore de I medici della camorra Lunedì 4 giugno 2012 Legge 109/96: la nuova vita dei beni confiscati Davide Salluzzo - Libera Vigevano Umberto Ferrari - Libera Crotone Paolo Cereda - Libera Lecco Anna Mapelli - Associazione Arché Roberto De Benedittis - responsabile campi di volontariato e formazione Estate Liberi Gli incontri si svolgeranno

Lo sguardo stupito di Wislawa Szymborska

Dario Bertini, su Kronstadt (Pavia, n° 65, febbraio 2012, pag. 7)

Ridere a sangue

“È dall’urlo dei morti che uno scrittore dovrebbe soprattutto guardarsi”. Così scrive Gabriele Dadati . Ma ciò non vale solo per gli scrittori. Anche la storia e la società hanno i propri morti, che avvelenano l’aria esalando grida. Questi sono, per esempio, i ricordi non remoti del Novecento, ideologie che conservano ancora il proprio carico di Eros e Thanatos. Sicché a qualcuno è venuto in mente questo: una risata li seppellirà.             Il personaggio di Jorge, ne Il nome della rosa , l’aveva presagito: il riso può abbandonare la sfera dello sfogo animalesco e farsi arte, filosofia. La Comicità , sposata con l’Intelletto, genera un figlio temibile: l’Umorismo. Davanti ad esso, nulla possono Eros e Thanatos, poiché fa cadere sia il fascino che la paura.             Così, un ragazzo di ventitre anni può vendicare la morte del bisnonno antifascista sottolineando la goffaggine dei canti che –per vent’anni- hanno esaltato il “Priapo nazionale” (Carlo Emilio Gadda). In Germania,

Un pezzetto di cielo

"A quella domanda, io ti avevo ripensato, ti avevo rivisto, solo, in quell'angolo buio della discoteca, che fissavi il vuoto o forse in quel buio c'era il vuoto solo per me. Affianco a te c'erano già dei mostri enormi, neri più della notte, che ti gridavano nelle orecchie, ti facevano paura, ti dicevano: non parlare. Se parli finisce anche questa poca luce che c'è ancora, e tutto il buio ti ingoia e ingoia il mondo e non ti salvi più. Non guardare, non parlare, non pensare, non urlare, impazzisci. Impazzisci. Questo, devi aver creduto di sentire. Così le ho detto, Marta, mentre lei finiva il caffé e quasi il sonno la riprendeva, le ho detto, Marta, lui è un pezzetto di cielo. Un pezzetto di cielo. Non te lo so spiegare meglio di così. Questo le ho detto. Ed era vero, che tu eri un pezzetto di cielo, idealizzato, ritagliato in mezzo alle nuvole di un cielo più grande e opaco. Un pezzettino di cielo stellato, non con tante stelle, una o due al ma

A Franco Romano Tagliati

Egregio dott. Tagliati , ho da tempo terminato di leggere la Sua raccolta Lettere dalla villeggiatura . Essa mi ha permesso di riaccostarmi alla poesia in metrica libera, una forma con la quale avevo perduto dimestichezza. Credo d'aver notato elementi ungarettiani nella Sua versificazione; soprattutto, "Berlino" mi ha fatto pensare alla nota "Soldati", inclusa ne "L'allegria". Oltre all'alta frammentazione dei versi ed all'isolamento grafico del componimento nella pagina, la avvicinava alla lirica ungarettiana anche il senso di precarietà e fragilità che trasmetteva. Mi chiedo se sia giusta un'altra osservazione: il tema della solitudine sembra essere caratteristico delle poesie comprese nella raccolta. Credo che una futura, più lenta rilettura potrebbe farmi cogliere molte nuove sfumature. Per il momento, sono contenta di averne parlato con Lei. Cordiali saluti!

Il senso comune

Il senso comune è ciò che realizza l'utopia di Caligola: un popolo con una testa sola, perché la si possa mozzare in un colpo solo.

La fortuna d'esser cavallo

Un argomento all'ordine del giorno è la qualità della vita. Espressione aerea che diventa, di volta in volta, il contenitore di aspirazioni ed inquietudini. Forse, la qualità della vita prende forma e colore solo in quell'andito segreto della mente che resta impenetrabile -in fondo- a qualunque filosofia. A voler ben guardare, è un rinfrescamento dell’antico concetto felicità. Si è trasformato in qualità, per adattarsi alla sensibilità odierna. L’uomo di oggi sceglie, fra varie proposte di vita, quella che gli pare più degna del prezzo. Non lo fa solo in casi estremi; è un atteggiamento quotidiano, in sordina. Come se un caval donato valesse più d’un altro. In ogni caso, provo a proporre la mia versione: la più alta qualità della vita è quella raggiunta, appunto, da un cavallo.             Così lo descrive Luigi Pirandello (1)   : un cavallo vecchio, abbandonato dal padrone, ormai randagio. Al colmo dello sfacelo, il cavallo si ferma e bruca l'erba. Semplicemente. Placa

Il testimone

Da Gomorra (2006) “Io so e ho le prove. […] Io so. Le prove non sono nascoste in nessuna pen-drive celata in buche sotto terra. Non ho video compromettenti in garage nascosti in inaccessibili paesi di montagna. Né possiedo documenti ciclostilati dei servizi segreti. Le prove sono inconfutabili perché parziali, riprese con le iridi, raccontate con le parole e temprate con le emozioni rimbalzate su ferri e legni. Io vedo, trasento, guardo, parlo, e così testimonio, brutta parola che ancora può valere quando sussurra ‘È falso’ all’orecchio di chi ascolta le cantilene a rima baciata dei meccanismi di potere. La verità è parziale, in fondo se fosse riducibile a formula oggettiva sarebbe chimica. Io so e ho le prove. E quindi racconto. Di queste verità.” ROBERTO SAVIANO

Il Papa veste Prada? Era una bufala

Da una nota su Facebook: "E' il sarto novarese Adriano Stefanelli a produrre le scarpe papali, rosse ad indicare il sangue del martirio, che fanno parte dell'abito del papa fin dal Medioevo e da allora sono indossate da ogni pontefice. Se poi qualcuno è interessato al fattore prezzo resterà deluso, poichè Stefanelli afferma: «Io le mie scarpe al Papa le regalo, perché a volte la passione paga più del denaro». Le sue relazioni con il Vaticano hanno avuto inizio nel 2003 quando, assistendo in TV alla Via Crucis, vide Giovanni Paolo II malfermo e sofferente, e decise di confezionargli un proprio paio di scarpe, a suo dire più comode . E' così dev'essere stato, poiché, da allora, Stefanelli non si è fermato più ed ha continuato a produrle anche per Benedetto XVI, venendo a sostituire l'apposita sartoria ecclesiastica "Gammarelli", la quale si occupa -appunto- dell'abito papale. Considerando che queste scarpe rosse sono indossate da ogni papa d

Delitto e castigo

Da Codine (1926): “Quando, per la prima volta, ricevetti il suo bacio d’amico, il mondo cambiò colore. Non mi battevo quasi più, sopportavo che mi si dicesse che ero brutto! Divenimmo fratelli di croce, e ci amammo senza secondi fini, di questo non c’era dubbio. Ma, otto mesi più tardi, l’invidia che provava per la mia forza gli guastò il sangue: Tanasse aveva un occhio falso, invidioso. Non mi baciava più. Non dissi nulla, perdonai e, per farlo riavvicinare, l’amai ancor di più, evitai di apparire più forte di lui… Perché la sua gelosia nasceva da quello. Tuttavia, si allontanava, si allontanava sempre di più, fino al giorno terribile in cui, al cospetto di tutti gli amici, le sue labbra che baciavo mi hanno chiamato ‘muso di scimmia’! Per la prima volta in vita mia, piansi. Perdonai. Tanasse sfuggiva, sfuggiva ancora più lontano da me. Non ci fu alcuno che deridesse la mia bruttezza con più talento; e, alla fine, ecco che cercò di picchiarmi! Tenni ancora a bada il mio sangue

Warning

Nessuno è perverso quanto un giornalista perverso.

Italia senza "Cuore"

Quando Emma ha proposto a Sanremo Non è l'inferno , qualcuno l'ha trovata una canzone strepitosa; qualcun altro ha storto il naso, davanti al suo linguaggio patriottico e -forse- anacronistico. " Edmondo De Amicis era più dignitoso, eppure lo si cita con ironia". Quando si considerano i contenuti, però, la voglia di scherzare dovrebbe sfumare. Confesso d'aver provato anch'io un moto di ripulsa iniziale, davanti ad espressioni come "chi ha creduto nel Paese". Non è il mio linguaggio. Non è il linguaggio dei miei coetanei, per i quali "il Paese" è il luogo da cui alzare i tacchi, se si è colti e di belle speranze. Ci fa sorridere amaramente De Amicis, perché vedeva nella scuola pubblica le fondamenta ed il cemento dell'Italia: a proposito di riforma Gelmini... E "l'Italia"? "L'Italia... dove l'ho messa???"  Giorgio Gaber ci aveva avvertito. Ci turba la storia di un uomo che ha combattuto i

Il laureato

Da Don Camillo (1948): “Ci fu lo sciopero dei giornalieri e dei famigli da spesa proprio nel pieno del raccolto, e la roba nei poderi grossi cominciò a intristire. […] La ‘Volante proletaria’ comandata dallo Smilzo avvistò una mattina uno che stava lavorando sotto un filare di viti del Verola e lo catturò portandolo quasi di peso in piazza dove i giornalieri e i famigli aspettavano seduti per terra. […] ‘Un momento!’ disse Peppone. ‘Prima vogliamo vedere con che razza di canaglia abbiamo a che fare.’             Lo Smilzo gli aveva allungato il portafogli trovato in una tasca dell’uomo, e Peppone, passato l’uomo al Brusco, sfogliò le carte e consultò a lungo le tessere. Poi rimise tutto dentro il portafogli e lo riconsegnò all’uomo.             ‘Lasciatelo!’ ordinò a testa bassa. ‘C’è un equivoco.’ ‘Perché?’ urlò la donna scarmigliata. ‘Perché sì’ rispose Peppone duro e aggressivo. E la donna rinculò.             Fecero salire l’uomo sul camioncino della ‘Volante

La vertigine

“La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare.” Chissà cosa ne direbbe John “Scottie” Ferguson, il protagonista di Vertigo. Questo film di Alfred Hitchcock è noto in Italia come La donna che visse due volte (1958).             Per John, la vertigine è terrore, abisso di follia. Nasce come cicatrice di un trauma e potrà essere cancellata solo da un altro trauma. La cura è affidata, fin da subito, a mani femminili: quelle di Midge, vecchia compagna d’università, fidanzata mai troppo ex. L’ambiguità fra eros e vertigine è sottolineata da un malizioso siparietto fra i due: discutono sul design di un reggiseno. “È fondato sul principio dei ponti sospesi” spiega lei, compiaciuta. E i ponti sospesi sono proprio la prova più ardua per chi soffre di vertigini. Tuttavia, questa materna civetta acqua e sapone non sembra la guaritrice adatta. Entra in scena, allora, un’altra figura: Madeleine , glaciale ipostasi del desiderio.  È la moglie di un amico e, a detta di costui, è poss

Problemi tuoi

Pressoché amanti

È la settima delle antologie Principesse azzurre. A volte, basta ritagliare figure e colori dalle fiabe consuete per dare l’idea di un capovolgimento, di qualcosa d’inedito. Da parte sua, Delia Vaccarello ritaglia ritratti femminili in cui –dice- “si racconta la vita”. Per capire la vita, forse, è proprio questo l’unico metodo: schiarirsi la voce e raccontare. Essa si dipana da sola. Può essere lirica e tremenda ( Amore e vendetta ), un’agrodolce commedia ( Pressappoco lesbiche ), spudorata e abbagliante ( La sceneggiata ). La varietà delle storie è la stessa delle penne, guidate da autrici esperte o giovanissime. La narrazione scende nell’ Enigma breve di una vita al limite, ormai –apparentemente- inghiottita dalla morte. Scorre a ritroso, riavvolgendo una vecchia filastrocca ( Love Affair con Andamento Altalenante, Visioni Mistiche e Odor di Mandarino ). La Regina di tre cuori gioca le proprie carte –e quelle altrui-, mentre l’amore sboccia Sotto copertura. A volte, il segret

Scampoli di stelle

Quelli di Barbarah Guglielmana sono scampoli di stelle, rubati al momento fra il risveglio ed il giorno. Quarantadue quadretti, freschi come campanule appena bagnate dalla pioggia. E la pioggia è un leitmotiv che percorre tutta la raccolta, in cui ogni componimento è minuziosamente datato e localizzato. Pavia campeggia in Appena alzata mi sono messa a tagliare le stelle come voi tutte . La frase è tratta dalle parole di un’anziana signora, che incarna una femminilità un po’ dolce ed un po’ sfiorita, con le gambe gonfie […] E la testa leggera che pensa cose celesti ( Destinata , pag. 20). Questa femminilità è ritratta da Barbarah, alternata alla propria, ancora verde ed improntata ad un Quanto dura? incredulo e meravigliato di fronte alle grazie della giovinezza innamorata. Non mancano una discreta coscienza di genere: una Ragazza romantica si augura che, un giorno, le storie di donne brutalizzate e svilite diventino Favole di una volta. Tematica che ricollega l’autrice all’attività

Quando c'entra la politica

Da Don Camillo (1948): “…nel ’22 giravano per la Bassa i ‘18 BL’ con le squadre che andavano a bruciare le cooperative socialiste […] Erano tutte zucche senza sentimento, perché soltanto le zucche senza sentimento possono fare la politica bruciando le forme di grana, il lardo, i salami, la farina, spaccando a colpi di scure le caldaie di rame dei caseifici e ammazzando a moschettate i maiali come appunto si faceva allora nelle cooperative socialiste della Bassa…” *    *    * “Don Camillo ritornò a casa agitatissimo e andò a raccontare tutto al Cristo dell’altare. ‘È mai possibile che un galantuomo’ concluse ‘debba ridursi a crepare come un cane per uno stupido orgoglio di questo genere?’ ‘Don Camillo’ rispose il Cristo sospirando ‘tutto è possibile, quando c’entra la politica. In guerra l’uomo può perdonare al nemico che poco prima tentava di ucciderlo e può dividere con lui il suo pane, ma, nella lotta politica, l’uomo odia il suo avversario, e il figlio può

Humilitas

“È stupefacente l’origine obsoleta di tanti insulti correnti, compresi quelli che –di per sé- non sarebbero insulti. Tu mi hai chiamato pescivendola , con l’intento di denigrarmi; ma detto appellativo non significa altro che “donna che vende pesce”. Fa il paio con amenità quali bifolco e villano: ossia, “mandriano” ed “abitante delle campagne”. Non bisognerebbe sputare sugli agricoltori, poiché è grazie a loro che si mangia. E neppure uno spirito eccelso potrebbe esprimersi, se il suo corpo non fosse nutrito. Peraltro, la civiltà urbana e l’università (che ne è il prodotto) sono nate grazie all’ invenzione dell’agricoltura , che ha permesso all’uomo di sedentarizzarsi.   Puoi dunque capire come io sia impermeabile a consimili insulti classisti. Del resto, il mio sangue è realmente ‘plebeo’ per quattro quarti. Fino alla generazione scorsa, la mia famiglia viveva in campagna, in qualità di mandriani e coltivatori diretti. Il luogo ove io sono cresciuta è un centro di provincia che

So che c'è un uomo

Comincia come una leggenda metropolitana. C’è un uomo, semplicemente. Non ha un nome, né l’hanno la sua famiglia e il suo podere. Tutto è vago, come in una fiaba acida. Eppure, i corpi, i colori, il calore stesso del sole hanno una concretezza inquietante. La telecamera insegue i volti e le carni, li accerchia e li stringe in una morsa. Assedia i personaggi dentro il camper guasto ove cercano rifugio. Gianclaudio Cappai prende nette distanze dal cinema borghese, ritraendo una campagna che nulla ha di bucolico. Cugini, genitori, fratelli vivono in una promiscuità screziata di polvere e sudore. I conflitti mormorano, sibilano ed esplodono; le passioni dei personaggi si dilaniano fra loro, come i galli da combattimento che la famiglia alleva. Compagni ideali per il figlio del suddetto uomo. Il giovane sembra aver assorbito, più d’ogni altro, quel sole che brucia le stoppie. Non tenta neppure più di combattere contro la propria violenza , che gli è costata un internamento in una clinica p

Che ARIA tira?